L'allarme lanciato da UNIV – Unione Nazionale Imprese di Vigilanza Privata e Federsicurezza sull'art. 42 del Decreto Cura Italia, che identifica il contagio da Covid-19 come infortunio sul lavoro da iscrivere nel registro Inail, ha fatto scaturire una presa di posizione di Confcommercio che conforta su aspetti rilevanti (come la non incidenza sul tasso INAIL) ma che non esclude l'insorgere di possibili contenziosi.
Il settore Welfare Pubblico e Privato della Direzione Centrale Politiche del Lavoro e Welfare in Confcommercio – Imprese per l'Italia, chiarisce infatti che “l'articolo 42 stabilisce che la tutela assicurativa Inail opera anche nei casi accertati di infezione da coronavirus e che le prestazioni vengono erogate dall’Inail anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro”.
“L’inclusione dell'evento alla stregua di infortunio in itinere – prosegue la nota - è stata adottata su indicazione del Ministero come forma di maggior tutela ed anche per evitare impatti sul comporto, ma gli eventi in questione non sono computati ai fini della determinazione dell'oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico. Pertanto, in analogia ad altre tipologie di infortuni non direttamente imputabili al datore di lavoro, gli effetti del coronavirus non incidono sul bilancio infortunistico dell'azienda in termini di oscillazione del tasso applicato. In sostanza non incidono sul tasso da pagare e sulla sinistrosità dell'azienda o della gestione terziario”.
“Bene che siano esclusi i casi di coronavirus dal meccanismo di oscillazione dei premi Inail, ma resta il rischio di contenziosi, a partire alle richieste di danno biologico e differenziale (non coperto al 100% dall’Inail)” – rileva Luigi Gabriele, Presidente di UNIV.
La circolare Inail del 3 Aprile 2020 specifica che la tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, come le guardie giurate nei supermercati e negli aeroporti e che l’assicurazione è estesa anche ai casi in cui l’identificazione delle cause sia difficoltosa, facendo ricorso ad elementi epidemiologici, clinici, anamnestici e circostanziali.
“Il principio della piena tutela Inail per tutti i casi di infezione sul lavoro è senza dubbio corretto, ma non può essere sostenibile una presunzione di colpa ai danni delle imprese che pure abbiano messo in campo tutte le tutele previste dalle norme per evitare il contagio. Credo sia essenziale un correttivo” - commenta Anna Maria Domenici, Segretario Generale di UNIV.
Contro l'impresa si attiva infatti una sorta di presunzione di colpevolezza rispetto ad un nemico invisibile, inodore e incolore e che si potrebbe contrarre ovunque, anche fuori servizio e anche se le imprese rispettassero tutti gli standard di sicurezza – cosa che in certi casi non è stato nemmeno possibile fare, per concreta impossibilità di reperire le mascherine sul mercato.
“Le aziende sono come pronte ad assumersi tutte le responsabilità su ambiti nei quali abbiano reale possibilità di intervento, non però sull'invisibile e sull'indimostrabile” - conclude Luigi Gabriele.