Riprendiamo l'intervista rilasciata da Luigi Gabriele, Presidente di UNIV e Federsicurezza, alla testata www.vigilanzaprivataonline.com
Avv. Gabriele, nell’eco mediatica che ha avuto l’indagine Censis, commissionata da Federsicurezza, la stampa ha parlato molto di paure e poco di vigilanza privata. Era voluto?
Era fisiologico. Federsicurezza ha commissionato al Censis un’indagine sulla sicurezza nel paese che uscisse dalla consueta visuale di cortile cui l’essere nicchia spesso ci ha condannato.
Entrando nelle grandi tematiche del paese, con la pandemia sono emerse paure vecchie e nuove: dai timori di essere aggrediti all’insicurezza delle donne, fino ai soggetti panfobici, che hanno paura di tutto. In particolare è emerso che il delta tra andamento reale della criminalità e percezione di sicurezza si sta facendo sempre più ampio, col risultato paradossale che più calano i reati, più la gente ha paura. Ma – e questo è il punto che ci preme sottolineare – gli Italiani credono nella sicurezza privata.
In un contesto simile, quanto potrebbe contare l’impiego della divisa per elevare il sentiment di sicurezza nel paese?
Moltissimo, oggi più che mai. Le telecamere, i sensori e tutte le – pur utilissime – tecnologie disseminate sul territorio non hanno effetto sulla percezione di sicurezza perché il cittadino non le vede, non ci parla, non le può toccare. E’ vero che il trend è quello della dematerializzazione dei servizi, ma il potere deterrente è correlato alla percezione immediata della sua esistenza.
E’ assai facile e privo di conseguenze accecare una telecamera; è molto meno facile decidere di imbracciare un’arma e sparare alla guardia, con tutti i riflessi morali e giudiziari che ciò comporta. Una guardia giurata in divisa ha un sicuro effetto deterrente sulla delinquenza minore o improvvisata. Perché allora non prendere spunto dalla felice esperienza della polizia di prossimità per infondere nuova sicurezza sul territorio tramite delle forze private?
Sta pensando a delle “guardie giurate di prossimità”?
Perché no? Ovviamente sempre e solo in funzione sussidiaria rispetto alle forza dell’ordine, la presenza di guardie giurate “di prossimità” sul territorio potrebbe integrare le pattuglie (che in genere non si fermano), potrebbe parlare e rassicurare, dando una risposta immediata soprattutto alle figure più fragili e timorose, inclusi i panfobici dell’indagine Censis. Nelle vie della moda a Milano Roma e Napoli già si vedono nei periodi di punta: professionisti in divisa che, per il semplice fatto di essere visibili, riconoscibili e presenti, incoraggiano anche soltanto a chiamare il 113 in caso di emergenza e a non chiudersi nelle proprie paure.
Puntare troppo sulla divisa non rischia però di assecondare quei fenomeni di volontariato che ormai si allargano anche su aree di esclusiva della vigilanza privata e giocano proprio sull’equivoco della divisa per operare, di fatto, abusivamente?
Divisa sì; abuso di divisa ovviamente no. E abusivismo in divisa ancor meno. Perché il nocciolo della questione volontariato è, assai prosaicamente, la riduzione dei costi.
Il fatto che la sicurezza sia una questione seria ed esiga professionalità è spesso irrilevante per la committenza. La vigilanza privata ha un costo? E allora avvaliamoci di volontari di qualunque fatta e tipologia, meglio se sembrano minacciosi, meglio ancora se retribuiti a rimborso spese, in barba al gettito fiscale e a chi investe per formare e professionalizzare un settore…
Come uscire da questa impasse?
Occorrono una riorganizzazione del sistema in chiave di modernità e nuove prerogative al settore in termini di possibilità operative e normative più evolute e al passo non solo con i tempi, ma con le stesse richieste del mercato, oltre che del buon senso. Basta con la politica di ovattare le problematiche per non farle deflagrare: se il sentimento di insicurezza cresce, qualcosa non funziona. La sicurezza privata può dare un contributo importante, a condizione che si sblocchino totem giuridici tanto obsoleti quanto esiziali per il paese.
Si riferisce al fatto che le guardie giurate possono ad oggi difendere solo i beni, ma non anche le persone?
Un non sense tutto italiano. Le guardie possono fare antipirateria ma non possono difendere una signora da un’aggressione, né possono reagire all’atto violento in maniera efficace per timore di eccedere nella difesa. La paura di finire in galera ha causato diversi decessi nel nostro settore: la norma va cambiata.
Cosa chiedete quindi alle Istituzioni?
Di smantellare un sistema normativo che non funziona più: basta con i rappezzi; bisogna riscriverlo. Lo stesso discorso vale per il CCNL: serve uno strumento nuovo che regoli i servizi di sicurezza privata armati e non armati; le operazioni di cosmesi non bastano più. Attualmente viviamo un’impasse legata ad una catena di omissioni di intervento. Languono lo Stato e Il Ministero dell’Interno; languono delle regole stantìe e fuori contesto; languono le relazioni industriali e le imprese sono strangolate da un abbattimento del prezzo sempre più selvaggio. La Commissione Centrale non si rinnova, il decreto sulla formazione è fermo, non sono ancora state affidate le deleghe ai Sottosegretari all’Interno; mancano le interlocuzioni, manca tutto.
Cosa direbbe allora al Presidente Draghi?
La scala di priorità è evidente a tutti, ma non si può ignorare una categoria essenziale per il benessere del paese e che nella pandemia ha svolto un ruolo encomiabile e sta svolgendo anche oggi una funzione importante anche nella gestione della campagna vaccinale. Perché, Signor Presidente, i volontari sono stati – giustamente – riconosciuti tra le categorie a vaccinazione prioritaria e le guardie giurate no?