Riprendiamo da www.vigilanzaprivataonline.com un articolo sul tema delle armi firmato con lo pseudonimo Bastiancontrario e la risposta del Presidente di UNIV- Federsicurezza Luigi Gabriele. La doppia riflessione parte dalla recente strage di Ardea, dove un uomo ha ucciso un anziano, due bambini e se stesso con l’arma del padre, guardia giurata deceduta un anno prima.
La (possibile) rivoluzione delle armi
di Bastiancontrario
Il mio unico lettore si sarebbe aspettato un piccolo intervento di chi scrive sulla tragica vicenda di Ardea, anche perché, seppure indirettamente, tocca il nostro settore. Giusto. Ho solo aspettato però che lo sgomento, il dolore e l’indignazione per quella terribile vicenda decantassero un poco (per quanto possano decantare i sentimenti rispetto ad una simile tragedia), per affrontare più lucidamente la questione. Che è tutta di pubblica sicurezza!
Eh si, perché, a parte l’aspetto sanitario della gestione delle persone con disturbi psichici (non ho le competenze per affrontare un tema tanto delicato e divisivo dalla legge Basaglia in avanti che, per inciso, risale al 1978!), qui si è palesato, per l’ennesima volta, il tremendo vulnus costituito dalla legislazione in materia di armi, in particolare quelle delle guardie giurate, in servizio o ex (quando non addirittura, come nel caso di Ardea, passate a “miglior vita”).
La necessaria premessa è che il sistema in generale non funziona: manca un sistema informatizzato nazionale che gestisca le armi ed i loro possessori; manca una rete di collegamenti, in tempo reale, tra le banche dati principali, in primis quelle del sistema sanitario; manca un’efficace rete di controlli e la capacità di tenere il polso della situazione (paradosso: non ci si affida più alla capillare conoscenza del territorio dei presidi delle forze dell’ordine – commissariati di p.s., stazioni dei cc – perché l’informatica semplifica, ma l’informatizzazione non c’è e quindi nessuno sa più nulla); manca la possibilità di ritirare ope legis le armi quando sono venuti meno i presupposti per il porto delle stesse (non dimentichiamo le battaglie di qualche forza politica per consentire a tutti di avere un’arma in casa per “difendersi”).
E su quest’ultimo punto veniamo proprio alle guardie giurate che, come è ben noto a chi pratica questo settore, sono proprietarie dell’arma (spesso delle armi) con cui lavorano e che quando cessano il rapporto di servizio (pensionamento, cambio lavoro, licenziamento) perdono sì il porto d’armi, ma mantengono la detenzione. Come nel caso di Ardea!
Bene – anzi male, malissimo – allora che si fa? Direi che la soluzione è semplice: si cambia la legge e si dà agli istituti la possibilità di costituire armerie e di cedere in comodato le armi alle guardie, armi che andrebbero consegnate ad inizio del servizio giornaliero e restituite a fine giornata, come si fa, per esempio, con gli agenti delle polizie municipali autorizzati ad operare armati.
Diciamoci la verità, il concetto di “bisogno di andare armato”, previsto dall’art.42 T.U.L.P.S., nel caso delle guardie giurate è strettamente connesso al momento in cui lavorano; la “difesa personale” è necessaria solo mentre stanno proteggendo i beni loro affidati, non anche dopo, oltre l’orario di lavoro. E, tra l’altro, non tutte le guardie hanno la necessità di “difendersi” tutti i giorni: dipende dal servizio (pensiamo ad esempio a chi lavora in centrale operativa o a chi si occupa di teleallarme).
Ora, si tratta di una rivoluzione copernicana? Di una cosa impensabile ed impossibile? No, perché già si fa! Infatti, il D.L. 107/2011, quello dei servizi antipirateria per intenderci, prevede che le armi (anche automatiche) siano di proprietà dell’armatore, il quale le cede in comodato alle guardie ad ogni servizio di protezione. E, addirittura, il D.M. 139/2019 (quindi una disposizione di rango decisamente inferiore rispetto alla legge), consente l’acquisto, la detenzione e la cessione in comodato delle armi anche al titolare dell’istituto di vigilanza!
E’ evidente che in questo modo si ridurrebbero drasticamente le armi in circolazione, specie quelle – come è successo ad Ardea – che restano nella disponibilità delle persone (tra l’altro qualsiasi persona, anche con gravi problemi psichici, come si è visto) anche quando sono venute meno le esigenze che ne hanno giustificato la concessione.
Quindi la soluzione, almeno per la parte del problema che riguarda questo settore (non è solo il settore il problema, è chiaro, ma ne costituisce una parte molto rilevante), esiste, ci vuole solo la volontà di applicarla. Volontà dell’amministrazione dell’interno che deve provare ad andare oltre i suoi storici “confini”; volontà degli imprenditori che debbono affrontare nuovi costi; volontà degli operatori, molti dei quali ambiscono allo status “dell’arma”.
Poi è chiaro che andranno affrontati alcuni problemi, dalla costituzione delle armerie (in realtà la legge già disciplina come debbono essere), alla consegna dell’arma alla guardia che, per vari motivi, non comincia il servizio da una sede dell’istituto (in realtà il problema è stato già risolto con i vigili urbani), ma si tratta di problemi pratici facilmente risolvibili. E’, invece, sempre la volontà la parte più complicata. La volontà è come il coraggio di manzoniana memoria: se uno non ce l’ha non se la può dare!
Credo che l’orrore della vicenda di Ardea, la memoria delle tre vittime, impongano di affrontare il problema e sarebbe bello vedere le associazioni di categoria farsi promotrici dell’apertura di un tavolo di confronto con l’amministrazione dell’interno per dare una svolta al sistema. Una possibile rivoluzione, anche etica, delle armi si può e si deve fare.
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Caro Bastiancontrario,
non so se il famoso, unico, lettore sono io…Certo è che seguo da sempre, e con la dovuta attenzione, le interessanti e convincenti note che centrano, con puntualità e professionalità, fatti e situazioni di particolare rilievo per la vita del comparto “sicurezza”. Nel recente passato, poi, nell’espletamento delle attività connesse con la funzione di rappresentanza associativa attribuitami, ho partecipato a un interessante convegno/dibattito sulla rilevanza del fenomeno suicidario, riferito anche a particolari attività lavorative. Inutile dire che la categoria oggetto dell’accorata analisi de quo aveva ed ha la sua particolare rilevanza nel citato ambito di ricerca. Quindi possiamo rilevare come la “pericolosità” dell’arma individuale in dotazione rileva sia in senso attivo che … passivo. E certamente non è una somma a valore positivo, purtroppo!
Cosa aggiungere alle valutazioni , corrette pur se forse impietose, sulla lontananza della Istituzione/Pubblica Amministrazione in tema di porto d’armi, detenzione controllata o meno dell’arma in dotazione, non esercitato controllo sul permanere della “dotazione” stessa anche anni data dopo l’avvenuto pensionamento, e, mi si perdoni, sulla scarsa attenzione alla formazione professionale della Guardia giurata, in generale ed in particolare, argomento questo oggetto di più che quinquennale dibattito, o forse meglio, esercizio di soliloquio, sorvolando sulle amenità gestionale del Tiro a segno nazionale ed articolazioni periferiche dello stesso, sedi deputate alla citata perfettibile attività formativa?
Sono i tanti giri di valzer di un carnet di ballo, a prenotazioni esaurite, di una soirée di Casa Salina, dove il Gattopardo è … l’Istituzione/Amministrazione pubblica!!! Dovrebbe cambiare la Musica? L’Orchestra? Qualche orchestrale? Il Direttore? Il manico politico? L’imprenditore? L’operatore? La rappresentanza datoriale? Quella Sindacale? Rimanere Tolomeo o diventare Copernico è certamente e sinteticamente fondante sotto il profilo della cogenza di una scelta finalizzata.
Però, sullo sfondo, rimane la preoccupazione del costo dell’acquisto di un bignami di filosofia per capire il passaggio da una impostazione chiesastica a quella Kantiana, e per il nostro comparto il costo, nello scenario di mercato attuale per certi motivi, in quelli pregressi per altri altrettanto lodevoli presupposti, è il buco nero nel quale qualsiasi galassia di pensieri innovativi finisce per infilarsi e sparire …Per onestà intellettuale non posso non dire che, pensando a certe “centrali operative” di non troppo vetusta memoria, mi sale la temperatura, e fors’anche la pressione ipotizzando il ricorso all’armeria, anche se la stessa, oggettivamente, in uno con il giusto tempo di materiale detenzione dell’arma, certamente aiuterebbe.
Rimane però sullo sfondo il fatto che il nostro “incaricato (armato) di pubblico servizio” …rimane ahimè operaio generico, anche se, tale, fornisce il suo prezioso ed irrinunciabile apporto alla soluzione dei pericoli derivanti dall’esercizio della pirateria, ad esempio, nel golfo di Guinea oggi dopo la parentesi di ieri del Mar Rosso! Possiamo pensare/sperare che qualcuno voglia mettere mano a questo patente vulnus endemico? O pensiamo di risolvere con l’inserimento agevolato nei ranghi delle Guardie giurate armate i già VFB o VFP, che, così facendo, pur di garantirsi un impiego ed un vero reinserimento nella vita “civile”, passeranno dallo status di Militari – qualificati anchìessi a quello benemerito di operaio generico, capace però di detenere ed usare un’arma da guerra?
Caro Bastian contrario, grazie sempre per gli arguti e fondati stimoli, in attesa del prossimo vado alla ricerca di un Devoto OIi, o del volume giusto della Treccani per “compulsare” la voce coerenza. Grazie, alla prossima, ed un cordialissimo saluto
Luigi Gabriele,
Presidente di FederSicurezza