Il Presidente Gabriele risponde su Vigilanza Privata Online alle osservazioni di Bastiancontrario a proposito delle nuove regole in materia di estensione della licenza di vigilanza privata
Per estendere la licenza di vigilanza privata non si devono più aspettare 90 giorni: basta presentare il progetto e si possono subito operare nuovi servizi in nuovi territori. Lo dice il Consiglio di Stato. Ottimo? Ni. Perché spesso gli istituti chiedono l’estensione senza disporre, sull’unghia, di tutte le dotazioni necessarie e i 90 giorni di attesa sono un cuscinetto per temporeggiare in genere fino all’aggiudicazione dell’appalto: se va bene, l’istituto ha il tempo per adeguarsi; se va male, può sempre ritirare la richiesta. E da oggi, senza i 90 giorni di interregno, la Prefettura potrà attivare le verifiche anche il giorno dopo aver ricevuto la comunicazione. Bastiancontrario ci illustra il rovescio del diritto, dove anche ciò che pare bello non sempre si rivela tale.
Occhio all’effetto boomerang!
Bastiancontrario
E’ arrivato settembre, le ferie sono finite e anche il mio unico lettore sarà, probabilmente, tornato al lavoro, per cui mi accingo ad affrontare un argomento importante, passato stranamente in sordina. Mi riferisco alla sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, n.2087 del 11.3.2021, per chi volesse leggerla), con la quale si aggiorna l’interpretazione dell’art.257-ter del regolamento d’esecuzione TULPS in tema di estensione territoriale degli istituti di vigilanza.
L’articolo in questione dispone che, in caso di estensione di una licenza già attiva, l’interessato notifichi alla prefettura competente i nuovi servizi o i nuovi territori presentando un apposito progetto organizzativo e tecnico-operativo, e dopo 90 giorni, se non è intervenuto un divieto, possa dare inizio all’attività, anche senza un formale atto d’assenso dell’autorità di p.s.
Il Consiglio di Stato ha invece stabilito che la norma deve essere letta alla luce dei principi affermati con la sentenza della Corte di Giustizia dell’U.E. del 13 dicembre 2007 (quella che ha condannato l’Italia per tutta la normativa sulla sicurezza privata e ha dato l’avvio alla riforma del settore). In tal senso prevedere – come finora si è fatto – che per ottenere l’estensione dell’attività di vigilanza a nuovi territori provinciali sia necessario un ulteriore provvedimento del Prefetto significherebbe reintrodurre lo stesso limite territoriale della licenza che la Corte di Giustizia ha invece censurato.
Ecco allora che, osserva il Consiglio di Stato, va eliminata la previsione di ottenere (anche se con il meccanismo del silenzio-assenso) l’autorizzazione prefettizia per estendere l’attività in altre province, riconoscendo alla «notifica al prefetto» il carattere di comunicazione di inizio attività, non subordinata al decorso dell’ulteriore termine di 90 giorni (termine che servirà al Prefetto per le verifiche ed eventualmente inibire l’attività ove ne ricorrano i presupposti)!
Ora, anche se – a ben vedere – i giudici muovono da un assunto non corretto (cioè che sia necessario un ulteriore provvedimento autorizzativo del prefetto della provincia ove l’istituto si estende), la conclusione è che non servono più i 90 giorni di attesa e che un istituto può iniziare nel nuovo ambito e/o con i nuovi servizi immediatamente!
Certo, è evidente che all’atto della comunicazione l’interessato deve essere pienamente nelle condizioni previste dalla norma, ovvero disporre di tutto quanto è necessario – in termini di organizzazione, personale, strutture, mezzi, tecnologie e risorse finanziarie – per operare in conformità alle disposizioni di legge. E questo è ovvio, dirà il mio unico lettore… E invece no, non lo è per niente!
Infatti, sovente (per non dire solitamente) gli istituti all’atto della notifica si limitano a prevedere future implementazioni in termini di risorse ed organizzazione, confidando proprio nei 90 giorni e nella burocrazia della pubblica amministrazione per avere il tempo, se si aggiudicano l’appalto, di dotarsi (forse) di quanto necessario, ovvero, in caso negativo, di ritirare (eventualmente) la richiesta di estensione.
Ora, si tratta di una strategia che poteva avere anche le sue motivazioni, ma non è questo il punto della questione. Il punto è che, con la nuova interpretazione data dal Consiglio di Stato, la prefettura può in qualunque momento – anche il giorno dopo aver ricevuto la comunicazione – attivare le verifiche e, in caso di non conformità alle disposizioni di legge, disporre il divieto di operare nei nuovi ambiti o di svolgere i nuovi servizi.
Insomma, se da un lato i 90 giorni potevano costituire un limite per gli imprenditori (penso, ad esempio, alle acquisizioni tra istituti), dall’altro assicuravano però un margine entro cui ci si poteva “barcamenare” (attività contraria ai principi ispiratori della riforma della sicurezza privata, ma ancora molto in voga nel settore!).
Ecco allora che se non si prende coscienza del fatto che ci si estende, si amplia l’offerta, si cresce solo quando esistono realmente le condizioni (soggettive, finanziarie, organizzative, gestionali, di mercato) per farlo, quella che sembra una grande opportunità, può diventare una pericolosa mannaia.
Attenzione all’effetto boomerang!
Effetto boomerang, parte due
Luigi Gabriele, Presidente di FederSicurezza
Il boomerang “è uno strumento solitamente di legno che può essere lanciato. Ha la sua origine in primitive armi da lancio usate dagli aborigeni australiani per la caccia e la guerra…”
Caro Bastiancontrario, il tuo unico però sempre affezionato lettore è, ahimè, rientrato dalla pausa agostana e ti ha letto con la consueta doverosa attenzione.
Una prima notazione, spontanea: dal 13 dicembre del 2007 all’11 marzo del 2021 passano, a spanne, quattordici anni e tre mesi, cioè, sempre a spanne, 171 mesi, cioè 57 volte novanta giorni, i fatidici novanta giorni…
E’ stato un lungo intervallo di tempo, più lungo delle cinquanta volte contate da Padre Dante nel famoso canto decimo dell’Inferno (“ma non cinquanta volte fia riaccesa”), tanto lungo da far dimenticare quanto quei tre mesi sarebbero stati, come sono stati, assai utili agli Istituti, che forse un giorno diventeranno per magia Società/Imprese, per guardarsi intorno e nelle tasche, per ponderare al meglio la scelta di dare veramente corso ai contenuti delle istanze presentate per dare diverso corpo alle proprie attività …
È pur vero che in tale breve lasso di tempo, la saggezza della quale è depositaria l’Amministrazione avrebbe potuto (in autotutela?) dare corso e corpo ad una valutazione delle cose de quo utile ad individuare un percorso di coerente adeguamento della norma (singolare per il plurale…).
E’ altrettanto vero, però, che in questo felice Paese, famoso per la sempre esistente dicotomia tra paese reale e paese legale, minuscola questa volta voluta, registriamo da qualche anno, pur se in presenza di una recente timida inversione di tendenza, la cesura tra Amministrazione (paese legale) e rappresentanza d’impresa (paese reale), cesura che alimenta la diversità di lettura, interpretazione ed applicazione di ogni statuizione, da qualsiasi fonte provenga, e, effetto spot televisivo, rende appetibile, l’ultima delle pronunce su un tema, migliore proprio perché…ultima!
Si dirà: ma se solerti UTG chiedono ancora chiarimenti interpretativi e conforto applicativo su questioni ormai al limite del desueto, perché l’intelligente lettura del periculum in mora costituito dalla modificazione introdotta dalla Sentenza del Consiglio di Stato, pur nella non totalmente condivisibile lettura della argomentazione sul punto resa dallo stesso consesso, deve preoccupare i nostri ineffabili Capi d’Istituto?
Si dirà inoltre: viste le note carenze strutturali delle Divisioni PAS, ricomprese nelle più ampie carenze organiche delle UTG delle quali sono articolazione funzionale, ti pare mai possibile che illic et immediate ti arriva un controllo di corretta organizzazione d’impresa, di organizzazione funzionale del lavoro di possesso di requisiti di sicurezza, comunicazione, eccetera eccetera…?
Considerato che a Cernobbio abbiamo appreso che la crisi di contenimento e controllo dei flussi di immigrazione irregolare segue la necessità di applicazione pedissequa delle norme anti-pandemia… figuriamoci se ubi maior minor non cessat!
Caro Bastiancontrario, che questo nostro piccolo mondo, davvero ormai antico, non riesca a trovare una velocità omogenea per una percorrenza sincrona della propria retta via, appare chiaro da qualsiasi angolazione si fotografi la quotidianità. Quanti sono attenti e saggiamente critici lettori come Te del divenire quotidiano, e, quanti (grazie per considerarmi Tuo unico lettore) ti seguono pedantemente come chi scrive? Spero invero che siano tanti, molti, ma che non si palesino solo perché condividono botta e risposta! Sarà, presunzione? Mah, che dire, “a pensar male del prossimo si fa peccato, ma si indovina “, diceva Sua Santità Pio IX, frase poi veicolata al Divo Giulio, nel lontano 1939, dal Cardinale Selvaggiani, Vicario di Roma, e dallo stesso resa nella celebre vulgata “ a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”…
Vediamo di prendere per buono l’aspetto etico racchiuso nella novella? Il Consiglio di Stato verrà quindi citato nei master per Imprenditori e Dirigenti d’azienda di comparto come indicatore di “serietà” nella progettazione d’impresa? L’Amministrazione, grande ed attenta madre delle tante piccole medie grandi UTG, vorrà dare prova di comprensione per questa privazione tout court d’ossigeno ai poveri imprenditori nascituri o con voglia di ampliamento?
Speriamo, speriamo, Spes ultima dea, anche se chi vive sperando… con quel che segue!
L’Unico Lettore
(in arte, Luigi Gabriele)