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E se a fare sicurezza complementare ci mettiamo le Forze dell’ordine?
Bastiancontrario
Il mio unico lettore si starà chiedendo se questo sia un titolo ad effetto, un’iperbole per attirare l’attenzione (come si faceva nei giornali della sera di una volta), se volevo stupire. Purtroppo no, è la triste realtà!
Il fatto: con una magia contenuta nella legge di stabilità del 2020 (L.178/2020, art.1, nei commi 1001, 1002 e 1003) è stato previsto che i servizi di sorveglianza delle sedi dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, finora ottimamente assicurati da guardie giurate – in quanto compiti di sicurezza complementare – sono svolti da militari del Corpo della Guardia di Finanza. E’ stata cioè creata una nuova articolazione del Corpo, specializzata in compiti che, senza offesa per le guardie giurate, si possono definire più “basici” di quelli solitamente assicurati dalle Fiamme Gialle.
Un’involuzione in piena regola con un considerevole aggravio di spesa a danno dei contribuenti! E si, perché è chiaro che i costi di retribuzione, formazione, aggiornamento di un appartenente alla Guardia di Finanza sono di molto superiori a quelli di una guardia giurata, peraltro ricompresi nel costo generale dell’appalto, unitamente a tutti quelli necessari per la produzione del servizio. E non a caso parlo di “danno dei contribuenti”; infatti, se è vero che i costi del servizio sono posti a carico del Poligrafico (nel limite di 5 milioni di euro annui) – consistenti nel trattamento economico accessorio del personale, oneri sociali, quelli per il trasferimento, nonché le spese di funzionamento, logistiche e strumentali necessarie allo svolgimento dei servizi – è altrettanto vero che sullo Stato (cioè sui contribuenti) graveranno gli stipendi lordi dei nuovi finanzieri (200) e tutte le altre spese correlate al loro servizio.
Solo due considerazioni. La prima: i due appalti assicurati dalle guardie giurate – dicono fonti bene informate – valevano circa 3 milioni di euro l’anno, mentre tra retribuzioni della Guardia di Finanza, indennità connesse alla pubblica sicurezza (capitoli del MEF e del Ministero dell’Interno), i cinque milioni del Poligrafico, servizi di portierato comunque da esternalizzare stiamo parlando, ad occhio e croce (sempre secondo le stesse fonti), di 18 milioni annui! Con tanti saluti allo spirito che anima il “Piano di ripresa e resilienza” a cui tanto alacremente sta lavorando il Governo.
Seconda considerazione: da più di dieci anni, ormai, parliamo della sicurezza complementare come dello strumento per consentire di restituire al territorio, alle specialità (vogliamo parlare della lotta all’evasione o delle verifiche sui percettori del reddito di cittadinanza?), alla lotta al crimine organizzato gli specialisti delle Forze di polizia, lasciando alcuni compiti alle professionali mani degli operatori della sicurezza privata, ed ecco che un’emanazione dello Stato sovverte il sistema e mortifica la professionalità dei “Finanzieri”, aumenta i costi per la collettività e, ultimo ma non ultimo, getta nell’angoscia più totale i 170 operatori della sicurezza privata (e le loro famiglie) che finora hanno svolto il servizio perché questo prevede una legge dello Stato.
E allora la domanda è: cui prodest? Perché se qualcuno ha potuto concepire un piano tanto scellerato, senza che venisse bloccato sul nascere o almeno contestato, vuol dire che a qualcuno giova! Certo, mi viene il dubbio che continuare a riciclare “ex” come manager non sia proprio una scelta vincente, ma, a parte questo, mi piacerebbe sapere come facciamo ad essere credibili in Europa per cose di grande rilievo, che impegneranno il Paese per i prossimi decenni, se persino nell’ordinaria amministrazione riusciamo ad essere “incredibili” (nell’accezione più negativa possibile del termine), se a fare sicurezza complementare ci mettiamo le Forze dell’ordine! Spero ci sia qualcuno capace di spiegarmelo.