Il cd. Decreto Fiscale (convertito in Legge 19 12 2019, n. 157) ha introdotto l’art. 17-bis, che apporta modifiche in materia di versamenti e compensazioni sugli appalti, introducendo misure di contrasto per l’utilizzo illecito di manodopera. Ma nel caso in cui, nell’esecuzione di un contratto di appalto, i beni strumentali impiegati dall’appaltatore risultino di sua proprietà, si applica l’art 17 bis? FederSicurezza, cui aderisce UNIV - Unione Nazionale Imprese di Vigilanza - ha chiesto il parere dell’Ufficio Politiche del Lavoro e del Welfare di Confcommercio – Imprese per l'Italia. Questa la risposta.
Ove nel caso concreto non si ravvisi la sussistenza del presupposto applicativo relativo all’utilizzo dei beni strumentali del committente, si consiglia di integrare il contratto di appalto con una apposita clausola con cui le parti stipulanti danno atto di tale circostanza e, conseguentemente, dell’esclusione dell’applicazione della disciplina normativa de qua a fronte dell’utilizzo da parte dell’appaltatore di beni strumentali ad esso riconducibili.
Come è noto, a decorrere dal 1° gennaio 2020, i soggetti – sostituti d’imposta residenti ai fini delle imposte sui redditi nel territorio dello Stato – che affidano il compimento di una o più opere o servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera, presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualsiasi forma, sono tenuti a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali operate sulle retribuzioni dei lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente.
Il comma 1 dell’art. 17 bis definisce, dunque, i presupposti in presenza dei quali trovano applicazione gli obblighi sanciti dal disposto normativo, ossia:
– l’affidamento di opera o servizio di importo complessivo annuo superiore a 200.000 €;
– il compimento delle opere o servizi tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati;
– il prevalente utilizzo di manodopera;
– l’esecuzione dell’appalto/servizio presso le sedi di attività del committente;
– l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma.
Con la Circolare n. 1/E del 12 febbraio 2020 l’Agenzia delle Entrate è intervenuta per chiarire taluni aspetti applicativi della disposizione esaminata evidenziando che, per quanto concerne il presupposto dell’utilizzo dei beni strumentali, tale condizione si verifica qualora i beni siano ordinariamente macchinari e attrezzature mediante i quali i lavoratori prestano i loro servizi – ma ciò non esclude che siano utilizzate altre categorie di beni strumentali – e tali beni siano riconducibili ai committenti a qualunque titolo giuridico (proprietà, possesso, detenzione – cfr. par. 3.2.5).
Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’art. 17 bis, è necessario che i beni strumentali non siano esclusivamente riconducibili a qualunque titolo giuridico agli appaltatori, ai subappaltatori, agli affidatari e agli altri soggetti che hanno rapporti negoziali comunque denominati.
Inoltre, qualora i lavoratori utilizzino beni strumentali necessari per l’esecuzione della specifica opera o servizio riconducibili ai predetti soggetti, l’occasionale utilizzo di beni strumentali riconducibili al committente o l’utilizzo di beni strumentali del committente non indispensabili per l’esecuzione dell’opera o del servizio non comportano il ricorrere della condizione di applicabilità in esame.
Alla luce dell’interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria, si ritiene che l’esecuzione di un appalto o di un servizio in cui i beni strumentali impiegati risultino di proprietà del committente vada escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 17 bis, D.lgs. n. 241/1997 atteso che, in tale circostanza, verrebbe meno uno dei presupposti di operatività del dettato normativo.
Infine, con riguardo alla definizione delle “sedi di attività del committente”, nella medesima circolare l’Agenzia delle Entrate chiarisce che queste coincidono con tutte le sedi destinate allo svolgimento della attività imprenditoriale del committente. Vi rientrano, tra le altre, la sede legale, le sedi operative, gli uffici di rappresentanza, i cantieri, le piattaforme e ogni altro luogo comunque riconducibile al committente destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa.
Relativamente alla fattispecie sottoposta all’attenzione degli scriventi, l’applicazione del disposto di cui all’art. 17 bis nell’ambito dei servizi di vigilanza privata e guardiania dipende dalle modalità di esecuzione dei medesimi.
In particolare:
– qualora i predetti servizi siano svolti nei locali del committente mediante l’utilizzo di beni strumentali messi a disposizione dal medesimo (ad esempio sistemi di videosorveglianza e di comunicazione forniti in dotazione), tale ipotesi rientra certamente nell’ambito di applicazione della normativa esaminata;
– se l’attività di guardiania comporta l’impiego di beni strumentali riconducibili all’appaltatore, come nel caso del trasporto valori per cui si rende necessario l’utilizzo di autoveicoli specialistici, sistemi di comunicazione radio e satellitari, dotazione di specifiche armi da fuoco, in tal caso l’applicazione dell’art. 17 bis risulta esclusa.
Ove nel caso concreto non si ravvisi la sussistenza del presupposto applicativo relativo all’utilizzo dei beni strumentali del committente, si consiglia di integrare il contratto di appalto con una apposita clausola con cui le parti stipulanti danno atto di tale circostanza e, conseguentemente, dell’esclusione dell’applicazione della disciplina normativa de qua a fronte dell’utilizzo da parte dell’appaltatore di beni strumentali ad esso riconducibili.